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SALVIAMO LA KASHERUT DAL BUSINESS DEI MARCHI KOSHER

Chiudete allevamenti intensivi e macelli intensivi

Data: 2015-07-08
Autore: Gherush92

Con la cosiddetta “dieta kasher”, divulgata da più parti, stanno facendo della kasherut una moda alimentare, sana e nutritiva, al servizio del mercato e della salute. Ma la kasherut non è una dieta, non è un regime alimentare benefico o terapeutico, è l’insieme delle norme alimentari ebraiche alle quali non è lecito attribuire alcuna motivazione, tanto meno le salvifiche promesse ventilate dai paladini dei marchi kosher. “La dieta kasher”, che ammicca ad uno stile salutare e che oggi fa tendenza, è una pura invenzione.

Se i marchi kosher si stanno trasformando in un strumento di marketing per le società che aspirano a vendere i propri prodotti alla grande distribuzione, un business che ingrassa le aziende e che irretisce un sempre maggior numero di sprovveduti consumatori, non è vero che kosher è sinonimo di trasparenza, sicurezza, salute, igiene. Non è vero neppure che il marchio kosher equivale ad una certificazione di qualità, come dichiara, un po’ avventurosamente, chi sostiene l’operazione commerciale dei marchi kosher. Bisogna chiarire una volta per tutte che le regole alimentari ebraiche non hanno motivazioni igienico-sanitarie e che kosher, che indica un alimento adatto agli ebrei, non ha nulla a che vedere con la sicurezza e la qualità dei cibi.

Programmi ed aziende per il rilascio delle certificazioni kosher equiparano il marchio ad una certificazione di qualità, ma è falso, non essendoci una terza parte indipendente che certifica secondo protocolli ufficialmente riconosciuti. E se l’attestazione kosher, che identifica gli alimenti permessi agli ebrei, può annoverarsi eventualmente fra le autocertificazioni volontarie, i marchi kosher non assicurano, di per sé, l’espletamento della valutazione di impatto ambientale dell’aziende certificate, non garantiscono il rispetto dei limiti delle emissioni o il corretto smaltimento dei rifiuti, non tutelano dallo sfruttamento per lavoro nero, lavoro minorile, lavoro di shabbat, né, per esempio, dall’assenza di OGM. Si aggiunga che, per quanto riguarda i prodotti di origine animale, che provengono da allevamenti industriali, la certificazione kasher desta non pochi dubbi visto che gli animali che vivono reclusi e in condizioni di sofferenza, secondo la legge ebraica, non dovrebbero essere certificati kasher. Il marchio kasher, al contrario della legge ebraica, non garantisce il benessere degli animali, anzi ne prevede il massacro indefinito.

Spacciano poi il kosher come maggior garanzia di controllo e trasparenza, come se l'etichettatura, che deve fornire un'informazione corretta e trasparente su tutti i prodotti alimentari, come indicato dal decreto della Commissione Europea, non fosse sufficiente a garantire il consumatore. Reclamizzano il kosher passover come una garanzia per i celiaci, ma anche questo non è sempre vero, visto che ad esempio le matzot, il cibo principale di pesach, contengono farina e glutine. Spacciano igiene ed accuratezza nelle operazioni di pulizia, in particolare dagli insetti, come prerogative della produzione kasher, che non sono altro che obblighi di legge. Si spingono persino ad affermare che kosher è sinonimo di genuinità e salute e che con la certificazione kasher viene esclusa ogni sostanza potenzialmente nociva per la salute umana. Anche questo potrebbe essere falso, i prodotti kasher contengono additivi, coloranti, conservanti, antiossidanti, stabilizzanti, emulsificanti, addensanti, gelificanti, alcuni dei quali potenzialmente dannosi per la salute e difatti banditi in certi paesi.

Si aggiunga che i prodotti con il marchio kosher possono essere anche OGM visto che in alcuni paesi i marchi certificano prodotti kosher geneticamente modificati, risultato di una tecnologia non sperimentata i cui rischi per la salute sono sottovalutati, ignorati e persino nascosti ai consumatori. Gli stessi enti certificatori kosher non considerano di loro competenza la determinazione dell’eventuale pericolosità di un cibo che delegano alle agenzie governative responsabili.

E se le aziende pubblicizzano tutto questo come cibo della tradizione, anche questo non è vero. Il marchio kosher apposto sui prodotti delle grandi aziende o delle multinazionali non ha proprio nulla a che vedere con il cibo tradizionale locale e con i diversi menaghim sefardita, askenazita, romano, livornese, e molti altri.

Si potrebbe affermare, insomma, che il mercato in espansione dei prodotti kosher, destinati prevalentemente ad un pubblico indolente e credulone di non ebrei che percepisce questi prodotti come sicuri e di qualità, si basa su concorrenza sleale, pubblicità più volte menzognere e grava sulle spalle di un’enorme quantità di animali sofferenti massacrati per produrre un’esorbitante quantità di prodotti alimentari.
Si potrebbe asserire che il mercato della cosiddetta “dieta kasher” e dei marchi kosher si basa sulla ripetuta trasgressione di precetti della Torà, il divieto di far soffrire gli animali (Devarim 22,4) e l’obbligo di aiutarli in caso di sofferenza (Shemot 23,5), il divieto di distruggere (Devarim 20,19), il divieto di ingannare il prossimo (Vaikrà 19,14), il divieto di piegare le regole alimentari ebraiche agli interessi estranei e l’ebraismo al marketing (Vaikrà 22,32), fino all’autodistruzione.
E’ per questo che sarebbe importante prendere in considerazione la possibilità di chiudere allevamenti intensivi e macelli intensivi kasher in attesa di una nuova era. E, specialmente, non è vero che la Torà certifica tutto questo ingannevole business kasher che implica un enorme massacro di animali.

GLI ANIMALI CHE SOFFRONO NON SONO KASHER !

CHIUDETE GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI!

LEGGI IL LIBRO "IL MAIALE E' IL NOSTRO MAESTRO. ANIMALI ED EBREI UN RAPPORTO LACERATO"

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