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KOSHER NON E' SINONIMO DI QUALITA'

attenzione alle fregature

Data: 2013-05-09
Autore: Gherush92

Qualcuno sostiene che con la “certificazione kasher” i prodotti vengono controllati e soddisfano alti standard di qualità. Ora, può darsi che il marchio Italy Kosher possa trasformarsi in futuro in un business per vendere prodotti all’estero, in Europa e, soprattutto, negli Stati Uniti dove il kosher ha una storia e una fortuna largamente riconosciute. Marchio da apporre su quei prodotti italiani di qualità o biologici, controllati anche per la kasherut, basti per tutti, pasta, olio e pelati italiani. Ma, da questo ad affermare che kosher sia sinonimo di qualità ne corre. Non lo è nella sostanza, non lo è nella forma e chi vuole proiettare il kasher nel mondo non ebraico perché salubre e di qualità alimenta una mistificazione che rischia di rivelarsi un boomerang.

Kasher è un prodotto alimentare adatto all’alimentazione degli ebrei, ma kasher, in sé, non ha nulla a che fare né con la qualità né con la certificazione di qualità. Passi l’ignoranza per il termine certificazione, che generalmente viene rilasciata da un ente terzo e assicura la capacità dell'azienda di fabbricare prodotti che risultano conformi a requisiti indicati nelle norme di riferimento. Passi anche l’ambiguità, tutt’altro che secondaria, riguardo alle norme di riferimento perché non esistono direttive uniche visto che la kasherut dipende dai diversi usi locali e, in un generico marchio Italy kosher, non è chiaro quale tradizione si intende seguire, se l’uso romano, italiano, askenazita, sefardita, glatt, non glatt, etc. Non passa però la questione qualità. Quanto cibo spazzatura è kosher? Valga per tutti un esempio di un prodotto che è kasher ma che non è sano: la US Federal Drug Administration ha recentemente vietato l’ingrediente 4-metilimidazzolo, ritenuto cancerogeno e pericoloso per la salute, nella coca cola e nella pepsi cola, rinomate bevande certificate kasher. In questo caso il 4-metilimidazzolo è un ingrediente kasher secondo il controllo rabbinico ma certamente non è di qualità dal punto di vista sanitario. Chi controlla quelli che hanno dato la certificazione kasher e che hanno garantito sul mercato un prodotto cancerogeno a prezzi maggiorati? E quante altre schifezze alimentari, con attestazione kasher, che non rispettano il gusto tradizionale, girano sul mercato a prezzi esorbitanti, come certi vini imbevibili, dolci chimici e oli manipolati?

Il contesto normativo, consolidatosi a livello internazionale, che regola la qualità dei prodotti alimentari fornisce una chiara descrizione di come produrre materia prima, processare e lavorare prodotti di qualità, ed è ovvio che i prodotti kasher non riassumono in sé tali caratteristiche. Sul mercato esistono certificazioni che attestano la tipicità di un prodotto come Denominazione di Origine Protetta (DOP) e Indicazione Geografica Protetta (IGP) e altre in grado di accertare se un prodotto è biologico o biodinamico. Esistono, ad es., certificazioni di qualità di prodotto e di processo come le ISO 9000, certificazioni di qualità ambientale come le ISO 14000, certificazioni di sicurezza alimentare come le ISO 22000 e certificazioni etiche, come le SA 8000. Per i vini esistono, poi, marchi DOC e DOCG, mentre alcune ricette tradizionali come la mozzarella di bufala, la pizza napoletana o il parmigiano reggiano, godono del marchio Specialità Tradizionale Garantita (STG).

Queste certificazioni, possono, eventualmente, essere aggiunte alla dichiarazione kasher utilizzando procedure che, tuttavia, per esempio, non rispettano lo shabat o altri requisiti e che, quindi, non sono kasher. Certo, possono esistere prodotti con marchio di qualità o biologico e godere anche del marchio kasher. Ma le due cose sono separate e distinte tanto che non è detto che un prodotto kasher sia qualitativamente superiore ad un prodotto non kasher. Ad esempio, il parmigiano reggiano, che ha una sua origine tradizionale, con la certificazione kasher viene alterato e reso adatto e commestibile anche agli ebrei ma perde le sue caratteristiche organolettiche originarie per diventare una brutta copia. Altri esperimenti, come i tortellini, il salame, la piadina kasher, la pasta o i gamberi kasher le pesach, che sovente si avvalgono della chimica kasher, sono veri e propri controsensi, per certi aspetti una presa in giro sia della kasherut che dei prodotti originali e, quindi, della qualità.

Se poi entriamo nel delicato e drammatico terreno della lavorazione della carne la mistificazione sulla qualità kosher regna sovrana. Sebbene sia impossibile considerare kasher la carne che proviene da animali che soffrono, vengono dichiarati kosher animali che vivono in allevamenti intensivi, e quindi sofferenti, solo per il fatto di essere macellati da uno shokhet. La certificazione kosher, in questo caso, non costituisce alcun valore aggiunto per il mondo non ebraico, a meno che, da ora in avanti, i prodotti non siano dichiarati provenienti da animali allevati all’aperto, in condizioni di benessere e nutriti in modo naturale. Ma anche in questo caso sarebbe necessaria una certificazione di qualità che, allo stato, nulla ha che fare con la kasherut.

In breve, lo zucchero bianco, dichiarato kasher, filtrato con ossi di animali anche non kasher, non è sinonimo di qualità; la carne kasher, macellata secondo le regole ebraiche e che proviene dai bovini, ovini e polli degli stessi allevamenti intensivi che forniscono le macellerie non kasher, non è sinonimo di qualità; il formaggio kasher, che proviene dagli stessi animali che forniscono anche i prodotti caseari non kasher e che vivono per tutta la vita incatenati e torturati negli allevamenti industriali, non è sinonimo di qualità.

Molte sono le iniziative, anche di mercato, che si potrebbero intraprendere nell’ambito della kasherut e dei prodotti kasher, sullo zucchero, sui prodotti animali, sui cibi vegetali, sugli alimenti kasher le pesach, sui cibi cucinati, purché si proceda senza mistificazioni, usando ai massimi livelli le giuste competenze e senza lasciare la delicata gestione della materia nelle mani di giovani politicanti in carriera. A nulla servono dichiarazioni e dibattiti pseudo accademici che, con imperizia, supportano la falsa identificazione tra kasher e qualità.

LIBERATE GLI ANIMALI
CHIUDETE GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI
NO AL MARCHIO MADE IN ITALY KOSHER

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