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La Venuta del Mashi’ah

Data: 2011-11-02
Autore: Gherush92

Molti ebrei mangiano la carne di animali torturati, massacrati, abusati e acquistati dai gojm come compromesso e per compiacere la società occidentale, alla ricerca di un dialogo impossibile con il cristianesimo, il nemico, un dialogo che non offre nulla. Gli ebrei mangiano taref?

La shehità è senz’altro il metodo più adatto per macellare gli animali. Ma va subito detto che, secondo noi, il problema della shechità, anche se è parte dell’identità ebraica, è d’importanza insignificante rispetto a quello della sofferenza degli animali. E aggiungiamo, infine, che gli animali che soffrono non sono kasher. La Torà non è specista e neanche noi.

Esistono numerose mitzvot che obbligano a prendersi cura degli animali e vietano di farli soffrire, eppure la questione della sofferenza inflitta agli animali continua ad essere rimossa dalle tavole di ebrei e non ebrei che sempre più numerosi si servono di macellerie e ristoranti kasher. I non ebrei devono sapere che la carne delle macellerie kasher proviene dagli stessi animali di quelle non kasher.

La legge ebraica obbliga a garantire agio e risposo agli animali:
“Sei giorni farai i tuoi lavori, e nel giorno settimo cesserai; in guisa che riposi il tuo bue ed il tuo asino, ….” (Shemot 23.12) e Rashi spiega: “lascia l’animale a suo agio, lascialo sradicare l’erba e mangiarla dal suolo. Non significa quindi che si debba rinchiuderlo in casa, perché così gli si procurerebbe pena invece di procurargli agio e riposo.”

Malgrado ciò, negli allevamenti industriali che forniscono anche carne kasher, miliardi di animali destinati al macello sono:
- Costretti a vivere incatenati o chiusi in gabbie sovraffollate (galline ovaiole in gabbie delle dimensioni di un foglio, accatastate in pile e in capannoni privi di finestre; polli da carne in capannoni fino a 15 al metro quadrato; bovini e suini in recinti da ingrasso).
- Privati della libertà di movimento, impediti nella pratica di istinti affettivi e sessuali, costretti ad un'illuminazione ininterrotta che impedisce loro di dormire, nutriti con alimenti inadeguati, chimici e innaturali (fino ai casi delle mucche costrette al cannibalismo), costretti a respirare aria malsana e povera d'ossigeno.
- Mutilati, sottoposti a costanti terapie antibiotiche ed ormonali sia per prevenire l'esplosione di epidemie che per velocizzare la crescita.

La legge ebraica vieta di infliggere agli animali sofferenza inutile:
“Non arare con un bue ed un asina insieme.” (Devarim 22,10); “Non mettere la musoliera al bue, quando trebbia.” (Devarim 25.4); “Quando incontrerai il bue d’un tuo nemico, o l’asino suo, smarrito, glielo restituirai.” (Shemot 23,4);
ed obbliga ad aiutare un animale che si trova in difficoltà:
“Quando vedrai l’asino di chi ti è malevolo, coricato sotto la sua soma; ti asterrai d’abbandonare a lui solo la cura, ma l’assisterai a scaricare.” (Shemot 23.5) I Maestri da questo verso, dove è ripetuto il concetto di aiutare, deducono che si debba prestare assistenza all’animale ripetutamente, anche se crollasse più volte. “Non devi vedere l’asino del tuo fratello, o il bue suo, caduti sulla strada, e far conto di non vedere; ma devi unirti a lui per rialzarli.” (Devarim 22,4).

Malgrado ciò, negli allevamenti agli animali sono inflitte e provocate:
- Mutilazioni preventive, senza anestesia (ad es. ai pulcini femmina delle galline ovaiole viene tagliato il becco per impedire di beccarsi. Questa procedura, che comporta il taglio di tessuti teneri simili alla carne che gli umani hanno sotto le unghie, è così dolorosa che molti pulcini muoiono per lo shock; questa operazione lascia spesso scoperti i terminali nervosi presenti nel becco, determinando così un dolore continuo per tutta la vita dell'animale).
- Alterazioni irreversibili dello stato fisico e psichico degli animali che vivono in cattività, in condizioni estreme e solo per essere ammazzati (ad es. centinaia di migliaia di bovini inutilizzabili, perché indeboliti, muoiono abbandonati vivi ogni anno).
- Ferite, piaghe e malattie indotte dai metodi innaturali di allevamento e patologie congenite (ad es. le ali dei polli si atrofizzano a causa dell'immobilità forzata e crescendo a contatto della griglia della gabbia le zampe crescono deformi; i polli registrano deformità, danni oculari, cecità, infezioni batteriche alle ossa, paralisi, emorragie interne, anemia, malattie respiratorie, indebolimento del sistema immunitario, incrocio dei tendini delle zampe che impedisce di camminare correttamente; oltre l’80% della carne di pollo, compreso il biologico, è contaminato al momento dell’acquisto).
- Condizioni crudeli di trasporto in ambienti igienico-sanitarii precari (ad es. viaggi che durano anche 48 ore durante i quali gli animali sono tenuti senza acqua né cibo, a temperature estreme: un certo numero muore all’arrivo e viene dichiarato inadatto all’alimentazione umana).
- Manipolazioni genetiche per creare razze di polli destinati a soffrire ulteriormente a causa di dolorosi disturbi ossei e difetti della spina dorsale.

La legge ebraica proibisce la castrazione degli animali e vieta anche di incaricare un non ebreo:
“Non offrirete all’Eterno (un animale i cui testicoli o membro) schiacciati o frantumati o strappati o recisi; nella vostra terra (ma neppure altrove) non farete (di queste cose ad alcun animale; (persino) dalla mano di uno straniero non presenterai alcuno di questi animali (mutilati) come cibo del vostro Signore” (Vaikrà 22, 24-25).
“E’ vietato incaricare un non ebreo della castrazione di un animale che ci appartiene …. È proibito anche venderlo a un non ebreo o cederglielo per spartirsi con lui i guadagni, se si è al corrente del fatto che lui lo castrerà, poiché il divieto di castrare un animale ricade anche sul non ebreo. In questo caso l’ebreo infrange la mitzvà che dice “dinnanzi ad un cieco non dovrai mettere un ostacolo (Vaikrà 19,14)” (Kitzùr Shulchàn Arùch, cap. 191,6).

Malgrado ciò, negli allevamenti agli animali sono inflitti e provocati:
- Castrazioni e svezzamenti prematuri, sistemi di riproduzione artificiale e forzata con conseguenti comportamenti aggressivi indotti e alterazione delle gerarchie sociali.

La legge ebraica obbliga a proteggere la madre dal dolore della perdita del proprio figlio: “Sia del grosso bestiame, o del minuto, non iscannerai in uno stesso giorno la madre ed il suo nato.” (Vaikrà 22, 28). “E’ proibito uccidere la madre col piccolo nello stesso giorno per impedire alla madre di vedere la morte del piccolo; in queste circostanze il dolore degli animali è molto grande e non vi è differenza in questo caso tra il dolore umano e quello delle altre creature perché la tenerezza di una madre non viene dal ragionamento ma dall’immaginazione che è una facoltà propria degli uomini e delle altre creature.” (Rambam, Morèh Nevuchim 3,48 su Vaikrà 22,28).
“Se per la via s’affaccia innanzi a te, in qualche albero, o per terra, un nido d’uccelli, (ove siano) pulcini o uova, colla madre coricata sui pulcini o sulle uova; non devi pigliar la madre insieme coi figli. Manderai via la madre, e potrai pigliare per te i figli: così avrai del bene, e vivrai lungamente.” (Devarim 22, 6-7). Questa mitzvà corrisponde al comandamento: “Onora tuo padre e tua madre affinché si prolunghino i tuoi giorni sulla terra che l’Eterno, il tuo Signore, ti dona”(Shemot 20,12).

Malgrado ciò, nel macello le procedure prevedono:
- nel percorso i bovini sono legati, gli si torce la code fino a spezzargliela, si somministrano scariche elettriche, si percuotono e si terrorizzano, ed altro liberamente inventato dagli operatori.
- Macellazione precoce (polli, anche biologici allevati a terra, uccisi a 42 giorni - un tempo l’aspettativa di vita era fino a 20 anni; il tasso di crescita giornaliero è aumentato del 400%).
- Selezione ed eliminazione degli esuberi, uccisi in massa con metodi aberranti (es. i pulcini maschi delle galline ovaiole - 250 milioni/anno negli USA - inutili al mercato in quanto non in grado di produrre uova, né adatti alla produzione di carne di pollo, sono gettati vivi in un tritacarne, o soffocati in buste di plastica, o schiacciati in apposite macchine per diventare mangime.
- Lavorazioni brutali (es. 30% dei polli vivi arriva alla macellazione con ossa fratturate per via della genetica e del trattamento subito; esempi sono testimoniati dagli addetti, migliaia di bovini che arrivano alla fase dello scuoiamento sono ancora vivi e coscienti).

La legge noachide prescrive “Però, non potrete mangiare la carne (prelevata da un animale oppure) il suo sangue, mentre è ancora in vita.” (Bereshit 9,4) e questo significa: Non smembrare un animale vivo. Non ci si cibi della parte staccata di un animale vivo. Non ci si cibi di un animale smembrato da vivo, anche se è ormai morto. Non si deve commettere crudeltà verso gli animali. Non si deve rimanere insensibili di fronte alla crudeltà di altri verso gli animali. Non si deve bere il sangue di alcun animale, ne' uccidere animali per scopo ludico o sportivo. Non si deve rimanere insensibili di fronte alla preparazione del proprio cibo.

Malgrado ciò, oltre il 99 per cento degli animali allevati proviene da allevamenti intensivi nei quali gli animali subiscono trattamenti crudeli; solo i polli nel mondo sono circa 50 miliardi ogni anno.

La legge ebraica vieta di mangiare la carne di animali ammalati:
“in quanto ad animali o uccelli che erano ammalati o in pericolo di morte e che poi sono stati sono stati macellati secondo il rituale, anche se grazie alla shechità in teoria sono permessi, le persone coscienziose saranno intransigenti e non ne mangeranno” (Kitzùr Shulchàn Arùch, cap. 33,10).

Malgrado ciò, agli animali sono somministrati un massiccio e crescente quantità di antibiotici che hanno impatto sulla rapida selezione e amplificazione di patogeni e aumentano il rischio di insorgenza e/o diffusione delle malattie. Il costo dell’aumento di efficienza del consumo della carne corrisponde ad un aumento dei rischi globali di malattie.

Dopo aver subito questi tormenti l’animale compare dinnanzi alle vostre decisioni e sulla vostra tavola: con quale stato d’animo autorizzate il massacro di queste creature torturate senza provare un senso di vergogna? Voi sapete quanto noi che sono discriminati e torturati.

Se non è kasher la carne di un animale che non soffre durante la vita, non schachtato oppure non cucinato e consumato secondo le regole, allora non è kasher nemmeno la carne di un animale che soffre durante la vita, shachtato, cucinato e consumato secondo le regole: ogni momento del processo deve essere garantito dall’alachà, la vita dell’animale secondo le regole, la macellazione secondo le regole, il trattamento e la lavorazione, la conservazione, la cottura, l’organizzazione della cucina e della mensa, fino al consumo secondo le regole.

Gli animali che soffrono non devono essere né shachtati né mangiati, nulla importa se le regole verso gli animali dal punto di vista halachico siano collegate oppure no alle regole della kasherut. Nulla importa chi sia, ebreo o non ebreo, il responsabile esecutore degli orrendi maltrattamenti. Le regole verso gli animali esistono e pertanto vanno rispettate e devono avere un peso nel controllo.

Le regole sono tutte collegate: esiste l’obbligo di mangiare carne di animali macellati con la shechità e controllati con la bedikà (visita ad alcuni organi), ed esiste l’obbligo, altrettanto importante, di non produrre tza’ar ba’alè haim, cioè dolore agli animali più di quanto sia necessario. Chiariamo che il maggiore guadagno o il mangiare più carne non fanno parte del necessario. Anzi, a ben guardare, non ravvisiamo alcuna necessità, se non la malvagità, nel far soffrire, anche minimamente, un animale.

Per ottenere un animale permesso spesso è necessario abbatterne molti perché molti animali che soffrono sono taref per le malattie e lo stress da maltrattamento che hanno subito. Torturare gli animali per aumentare la resa e illeciti guadagni (cosa non ammessa nella Torà), e poi shachtarli, può assomigliare ad un ripugnante rito idolatrico.

Forse che addirittura certi ebrei usano l’alachà per il proprio tornaconto e a vantaggio degli invasivi venditori di polpette rappresentanti della cultura ebraica? In questo degrado culturale, mentre certi ebrei si affannano a dimostrare ai gojm la validità di una schechità sradicata dall’intero processo alimentare, il nostro pensiero corre alla sofferenza di milioni di mucche, di polli, tacchini, agnelli, oche negli allevamenti intensivi.

Gli alberi non devono essere distrutti inutilmente e agli animali non deve essere inflitta sofferenza: non incrementate il massacro di animali con il glatt o halak in modo da non violare la mitzvà di non produrre za’ar ba’alè haim, mangiate vegetariano, sospendete la shechità, chiudete le macellerie e i ristoranti di carne kasher fino a quando non sarà riconosciuto e dichiarato che gli animali che soffrono non sono kasher così come, secondo l’alachà, non è kasher il vino prodotto da schiavi, anche se ebrei.


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