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CONVERTIRE GLI EBREI E’ UN DELITTO CONTRO L’UMANITA’

Data: 2010-01-13
Autore: Gherush92

Nulla sembra porre un freno ai preparativi della visita del papa in sinagoga, ormai un umiliante baraccone, una fiera della menzogna, costruita forse per accontentare le attese mediatiche di qualche “fattore” della comunità. Nulla pone un freno, neppure le vivaci e accorate proteste che provengono dall’estero e che segnalano insanabili contraddizioni, irriducibili contrasti e conflitti mai risolti, nulla riesce ad interrompere i preparativi della cerimonia-farsa, che si concluderà con la mostra “Et ecce gaudium” con gli ebrei che sventoleranno le bandierine.

E’ vero, fra gli ebrei qualcuno pensa che l’evento sia una cosa buona: il nemico storico torna a far visita nel ghetto, è un passo verso la “pacificazione”, è un simbolo di riconciliazione. Sono celebrate e magnificate le ragioni della cortesia, dell’opportunità, del buon vicinato, dell’ospitalità, della convenienza, del dialogo; nessuno però si prende la briga di spiegare davvero in cosa consistono queste ragioni e a chi sono utili e vantaggiose. Se da una parte appaiono sempre più evidenti le ragioni dell’opportunismo e del presenzialismo di un esiguo numero di personalità, non è chiaro quale sarà il reale vantaggio per gli ebrei e per l’ebraismo nel voler dar seguito alla visita del papa.

Il pontefice, astuto e risoluto, invece, sta facendo pagare cara questa sua visita. Egli sa bene in cosa consiste il vantaggio per i cristiani e per il cristianesimo.

Sono anni, infatti, che - anche con la complicità di certe organizzazioni ebraiche o di sedicenti esperti del dialogo interreligioso - sta tentando di riscrivere la storia della persecuzione ebraica cristiana occultando responsabilità e responsabili. Fino al caso più recente con il quale cancella gravi colpe, omissioni e responsabilità ascrivendo papa Pio XII fra i venerabili sulla via della santità.

Tutto questo ha l’unico scopo di convertire gli ebrei.

La visita alla sinagoga di Roma, luogo simbolo della persecuzione cristiana, rappresenta l’opportunità di confermare l’infausto processo di revisionismo storico già in atto che inevitabilmente metterà in difficoltà tutte le vittime del razzismo, non solo gli ebrei. Difficoltà nel narrare i fatti per ciò che furono e nell’identificare i responsabili, cristiani, con i loro nomi e le loro azioni. Le conseguenze culturali della prossima visita alla Sinagoga di Roma - confermata dalla decisione di piccoli interessi locali - sono molto più pesanti e non riguardano solo la comunità ebraica di Roma, ma interessano tutti gli ebrei, i Rom, gli omosessuali, i dissidenti, gli handicappati, le donne, i popoli massacrati nei secoli di persecuzione cristiana, fino alla Shoah. E’ un precedente che farà storia.

Questa visita non doveva essere concepita, ma, dopo il caso di Pio XII, andava senz’altro annullata. Si vuole far passare come un incontro tra cristianesimo e ebraismo ciò che è solo un evento a vantaggio del primo e a svantaggio del secondo. Si apriranno le porte del tempio maggiore di Roma ad un papa che:
- Ha ripristinato la preghiera “Oremus et pro Iudaeis”.
- Ad Auschwitz, senza mai nominare i nazisti, ha sostenuto, la tesi revisionista secondo la quale “Con la distruzione di Israele, con la Shoa, volevano, in fin dei conti, strappare anche la radice, su cui si basa la fede cristiana, sostituendola definitivamente con la fede fatta da sé, la fede nel dominio dell'uomo, del forte”.
- Ha fatto parte della Gioventù Hitleriana.
- Ha sostenuto, falsamente, nella sinagoga di Colonia che il nazismo sia stata “una folle ideologia razzista, di matrice neopagana” portando così quasi a compimento un abile ed innovativa teoria revisionista tesa a dissociare il nazismo e l’antisemitismo dai cristiani e dal cristianesimo.
- Ha riabilitato il negazionista Williamson.
- Nel suo discorso allo Yad Vashem non ha fatto menzione della Germania, dei tedeschi, del nazismo.
- Ha firmato il decreto sulle virtù eroiche di Pio XII che è stato, peraltro, recentemente citato nella sua nuova qualità di “venerabile” in Piazza San Pietro.
- Nel ricordare la visita allo Yad Vashem ha detto che “l’odio di una ideologia accecata ha voluto cacciare dal mondo anche Dio, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e il Dio di Gesù Cristo”, continuando la sua opera di mistificazione che vuole dissociare l’antisemitismo dal cristianesimo.
- Ha formulato l’indegno discorso antislamico di Ratisbona nel quale, tramite parole di terzi, si pone la domanda “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava”. Questa enunciazione soddisfa forse certi intellettuali modaioli e fanatici che vedono in questo pontefice il riferimento di propaganda islamofobica.
- Come prefetto per la Congregazione della Dottrina della Fede (ex santo Uffizio, ex tribunale dell’Inquisizione) Ratzinger è estensore della Dominus Iesus dove a proposito del tanto celebrato dialogo interreligioso afferma che: “l'impegno ecclesiale di annunciare Gesù Cristo, «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6), si avvale oggi anche della pratica del dialogo interreligioso, che certo non sostituisce, ma accompagna la missio ad gentes, per quel «mistero di unità», dal quale « deriva che tutti gli uomini e tutte le donne che sono salvati partecipano, anche se in modo differente, allo stesso mistero di salvezza in Gesù Cristo per mezzo del suo Spirito”.
- Ha confermato lo stesso concetto nel discorso all’università gregoriana: “Non si può prescindere, poi, dal rapporto con le altre religioni, che si rivela costruttivo solo se evita ogni ambiguità che in qualche modo indebolisca il contenuto essenziale della fede cristiana in Cristo unico Salvatore di tutti gli uomini (cfr At 4,12) e nella Chiesa sacramento necessario di salvezza per tutta l’umanità".
- Ha celebrato in piazza Pietro la festa per la Conversione di San Paolo affermando che: “Quella (la conversione) di Paolo maturò nell’incontro col Cristo risorto; fu questo incontro a cambiargli radicalmente l’esistenza. Sulla via di Damasco accadde per lui quello che Gesù chiede nel Vangelo di oggi: Saulo (Paolo) si è convertito perché, grazie alla luce divina, "ha creduto nel Vangelo". In questo consiste la sua e la nostra conversione: nel credere in Gesù morto e risorto e nell’aprirsi all’illuminazione della sua grazia divina. In quel momento Saulo comprese che la sua salvezza non dipendeva dalle opere buone compiute secondo la legge, ma dal fatto che Gesù era morto anche per lui – il persecutore – ed era, ed è, risorto.”

Si può affermare senza tema di essere contraddetti - considerato anche che nella documentazione ufficiale del Vaticano non vi è traccia della necessità che gli ebrei debbano rimanere quel che sono ed essere esclusi dalla conversione e dall’evangelizzazione ecumenica - che il dialogo interreligioso sia stato proprio costruito solo per la conversione degli ebrei al cristianesimo o per realizzare una forma di annichilimento culturale della diversità.

Questa idea della conversione è confermata nella enciclica “Caritas in Veritate” dove Benedetto XVI afferma che “Il discernimento circa il contributo delle culture e delle religioni si rende necessario per la costruzione della comunità sociale nel rispetto del bene comune soprattutto per chi esercita il potere politico. Tale discernimento dovrà basarsi sul criterio della carità e della verità…. «Tutto l'uomo e tutti gli uomini» è criterio per valutare anche le culture e le religioni. Il Cristianesimo, religione del « Dio dal volto umano », porta in se stesso un simile criterio.”

Conversione e mistificazione imperano sovrane anche nel fitto programma di incontri che avverranno in Italia nella “Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei” che sarà dedicata al IV comandamento.
Circola un "Sussidio" scritto a quattro mani da Vincenzo Paglia, Presidente della Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo della CEI, e Giuseppe Laras, Presidente dell’Assemblea dei Rabbini d’Italia, in preparazione a questa giornata (ma pubblicato solo su siti internet cattolici). Il documento sostiene la tesi del nuovo catechismo della chiesa cattolica, sempre opera di Ratzinger e intende fare una sintesi impossibile del significato della celebrazione del sabato ebraico riletto alla luce dei programmi del dialogo interreligioso, ed è solo un nuovo tentavo di assimilazione e conversione.

Nel capitolo del “Sussidio” intitolato “Il Sabato è fatto per l’uomo si legge”:
“La santificazione dello Shabbat con il riposo non deve indurre ad assolutizzare o ad esasperare il senso del Sabato stesso: «Il Sabato è stato dato a voi, e non voi al Sabato» (Mechiltà su 31, 13).
I Rabbini «sapevano che la religiosità esagerata può mettere in pericolo il compimento dell’essenza della Torah: “Nulla è più importante, secondo la Torah, che salvare la vita umana… Anche quando vi è soltanto la minima probabilità che una vita sia in gioco, si può trascurare ogni proibizione della Torah”. Si devono sacrificare le mizvoth per amore dell’uomo, anziché sacrificare l’uomo per amore delle mizvoth».3
Anche il Vangelo testimonia questo stesso spirito che pone l’uomo al centro: «Gesù non viola mai la santità di tale giorno. Egli con autorità ne dà l’interpretazione autentica: “Il Sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato” (Marco 2, 27)» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2173).

Per un confronto reale e non mistificato fra il significato del sabato ebraico e l’interpretazione cristiana, è necessario riportare l’intero passo citato dal Vangelo di Marco: “23In giorno di sabato Gesù passava per i campi di grano, e i discepoli, camminando, cominciarono a strappare le spighe. 24I farisei gli dissero: "Vedi, perché essi fanno di sabato quel che non è permesso?". 25Ma egli rispose loro: "Non avete mai letto che cosa fece Davide quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e i suoi compagni? 26Come entrò nella casa di Dio, sotto il sommo sacerdote Abiatàr, e mangiò i pani dell'offerta, che soltanto ai sacerdoti è lecito mangiare, e ne diede anche ai suoi compagni?". 27E diceva loro: "Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato! 28Perciò il Figlio dell'uomo è signore anche del sabato".

Va ricordato che jeshu, che ripete banalmente affermazioni e concetti noti, già espressi da altri molto prima di lui e in un contesto diverso (Mechiltà su 31, 13), non è un autorità per l’ebraismo, mentre lo sono i farisei. Questi, che certamente erano a conoscenza che “Nulla è più importante, secondo la Torah, che salvare la vita umana”, ed erano una delle massime autorità dell’epoca, fanno semplicemente notare – come è loro dovere - a jeshu (un semplice cittadino) e al suo gruppo il compimento di una melacha (attività proibita di shabbat) come quella di mietere e raccogliere. Ai farisei jeshu risponde in modo arrogante, dicendo praticamente - con argomentazioni speciose e citando un episodio del libro di Shmuel che avviene in un altro contesto e non di Shabbat - io faccio come mi pare.

Secondo la legge ebraica i casi di pericolo di vita nei quali è lecito trasgredire il sabato ed è obbligatorio fare il possibile per salvare una persona, perfino se non è d’accordo, sono, ad esempio:
- Una donna incinta che ha delle contrazioni forti che abita lontano dall'ospedale.
- Un malato al quale il medico gli ha raccomandato di andare in ospedale appena sente un certo sintomo.
- Un malato che afferma di essere in pericolo anche se il dottore non è d'accordo.
- Un malato considerato in pericolo dal medico anche se il malato stesso non è della stessa opinione.

Dal testo del vangelo si può senz’altro dedurre che il gruppo di jeshu che strappava le spighe non si trovava in nessuno dei casi esposti, né era in pericolo di vita, come era evidente ai farisei che in quei casi avrebbero permesso la violazione della norma. Inoltre va osservato che comunque jeshu non avrebbe mangiato le spighe raccolte così com’erano, ma le avrebbe trasportate, macinate e magari fatto del pane, tutte attività proibite di shabbat, piaccia o no ai cristiani !

Anche l’episodio della guarigione di shabbat dell’uomo con la mano inaridita segue la stessa falsa riga quando jeshu dice “È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?». Anche in questo caso l’uomo, per quanto gravemente infermo, non era certo in pericolo di vita o nel dubbio di esserlo.

Ci sembra che questo “Sussidio”, nascondendo la corretta interpretazione delle fonti, contribuisca ad alimentare la radice più inestirpabile dell’antisemitismo. Ci chiediamo quale servizio abbia reso la diffusione nelle parrocchie di questo libello se non quello di confermare la grande personalità di jeshu, mentre deride lo shabat, e di nascondere la diversità ebraica, quasi come se fosse cosa imbarazzante. Ci sembra inverosimile che qualche ebreo autorevole possa incorrere in una grave mistificazione accettando l’interpretazione cristiana secondo la quale le parole di jeshu rientrano pienamente nella tradizione ebraica e addirittura ne danno l’autentica interpretazione.

Questi episodi sul sabato in realtà da sempre rappresentano una delle principali fonti dell’antisemitismo cristiano. I farisei, che sono anche gli ebrei di oggi, solo per il fatto di avere richiamato jeshu alla elementare osservanza dello Shabbat (che allora poteva prevedere anche la pena capitale) e di altre norme in vari passi del vangelo scontano una condanna millenaria. Ancora oggi la parola fariseo viene usata in termini offensivi per indicare come dicono alcuni dizionari “persona che dà peso, nella propria condotta, solo alle apparenze e ai formalismi; ipocrita”.

Questa è materia sufficiente per sospendere la visita e per trasformare il controproducente dialogo religioso in un negoziato dal quale sia fugata ogni ipotesi, anche surrettizia, di evangelizzazione.
Le reiterate aggressioni cristiane e del papa verso la conversione degli ebrei, dei non cristiani e dei non credenti sono violazioni dei diritti umani e materia sufficiente per una denuncia internazionale. E’ necessario fermare l’evangelizzazione del mondo che ha già provocato sciagure inenarrabili fino alla shoah e che vuole ridurre l’umanità all’uniformità, principale causa delle distruzione del mondo.

NO ALLA VISITA DEL PAPA IN SINAGOGA
NO AL CROCIFISSO IN SINAGOGA


LA BEATIFICAZIONE DI PIO XII E’ UN DELITTO CONTRO L’UMANITA’

L’accelerazione del processo di beatificazione di Pio XII, proprio nell’imminenza della visita al tempio, è l’ultimo tentativo di mistificazione della storia e annichilimento culturale degli ebrei. L’accettazione della santificazione è un estremo atto di conversione.

La supina approvazione di quella truffa intellettuale che consiste nel dissociare la santità cristiana dal giudizio storico su papa Pacelli è un fatto talmente ridicolo che, in un contesto così drammatico, ha prodotto solo un esito grottesco sia per chi lo ha proposto sia per chi lo ha accettato.

Non è necessario attendere l’apertura degli archivi del Vaticano per affermare che Pio XII, con il suo silenzio e le sue parole, è uno dei responsabili della Shoah. La Shoah avvenne nell’Europa cristiana; l’antisemitismo cristiano è stato il brodo di coltura per la fulminea propagazione ed affermazione del nazismo.

Pio XII tacque, anche se sapeva, perché considerava il nazismo un baluardo contro quello che, secondo lui, era il vero male: il comunismo sovietico e la nascente socialdemocrazia europea. Ricapitoliamo alcuni fatti, non esaustivi, riguardanti Pio XII:

- Quando nel 1918 il leader del partito socialista indipendente, Kurt Eisner, ebreo, proclamò la Repubblica socialista bavarese il nunzio apostolico Eugenio Pacelli scrisse in proposito: « Quando Kurt Eisner ritenne per sé la presidenza del Ministero, disse che lo faceva perché la sua persona era il simbolo della rivoluzione. Aveva ragione. Schizzare la persona di lui è sintetizzare quello che la rivoluzione in Baviera veramente rappresenta. Ateo, socialista radicale, propagandista implacabile, amico intimo dei nichilisti russi, capo di tutti i movimenti rivoluzionari di Monaco, imprigionato non so quante volte per reati politici, e per di più ebreo galiziano».
- Ecco come descrive il palazzo reale a Monaco durante l’insurrezione socialista del 1919: “Un esercito di impiegati, che vanno, che vengono, che trasmettono ordini, che propagano notizie, e fra essi una schiera di giovani donne, dall'aspetto poco rassicurante, ebree come i primi, che stanno in tutti gli uffici, con arie provocanti e con sorrisi equivoci. A capo di questo gruppo femminile vi è l'amante di Levien, una giovane russa, ebrea, divorziata che comanda da padrona. E a costei la nunziatura ha dovuto purtroppo inchinarsi per avere il biglietto di libero passaggio! Il Levien è un giovanotto, anch'egli russo ed ebreo, di circa trenta o trentacinque anni. Pallido, sporco, dagli occhi scialbi, dalla voce rauca e sguaiata: un vero tipo ributtante, eppure con una fisionomia intelligente e furba. Si è degnato appena di ricevere Monsignor Uditore in un corridoio, circondato da una scorta armata, fra cui un gobbo anch'egli armato, che è la sua guardia fedele”.
- Nella qualità di Segretario di stato ha contribuito alla redazione e alla preparazione del Reichskonkordat del luglio del 1933 a pochi mesi dall’ascesa di Hitler al potere (30 gennaio 1933), costituì un primo importante riconoscimento internazionale del regime nazista.
- Poco dopo la sua elezione a pontefice avallò il governo fantoccio di Monsignor Josef Tiso dal 15 Marzo 1939 al 1944, instaurato in Slovacchia grazie alle armate naziste. Alla vigilia della primavera del 1942 il nunzio Burzio informò la Santa sede che «gli ebrei slovacchi stanno per essere deportati in massa…». Un’analoga segnalazione la inviò in Vaticano il nunzio apostolico a Berna, monsignor Filippo Bernardini. Il nunzio a Budapest, monsignor Angelo Rotta, rivolse invece a Pio XII una supplica a nome dei 90 mila ebrei slovacchi. In Vaticano non vi fu alcuna reazione.
- Non è intervenuto il 18 ottobre 1943 per fermare il treno diretto ad Auschwitz che era fermo da due giorni alla stazione Tiburtina e che aveva a bordo oltre mille ebrei romani.
- Ha permesso la piena e fattiva adesione del clero cattolico croato alla dittatura ustascia concepita dal nazifascista Pavelic e sostenuta da Hitler e Mussolini e che si mise a perseguitare ebrei, zingari, dissidenti e serbi. A capo del campo di sterminio croato di Jasenovac vi fu il frate francescano Filipovic-Majstorovic, detto Frà Satana. Al suo processo si vantò di aver ucciso oltre quarantamila prigionieri. L’Arcivescovo Alojs Stepinac (poi fatto cardinale da Pio XII nel 1953 e beatificato da Giovanni Paolo II nel 1998) accolse con calore l’arrivo di Ante Pavelic, il Poglavnik (duce), ordinando che fosse cantato il Te Deum in tutte le chiese dello stato e diffondendo una lettera pastorale che incitava ad appoggiare il nuovo Stato perché esso "… rappresenta la Santa Chiesa Cattolica …".
- Due Ebrei slovacchi, Rudolf Vrba e Fred Wetzler il 7 Aprile del 1944, fuggirono da Auschwitz, portando con sé dei documenti con i quali stilarono una relazione, nota come: “Protocollo Auschwitz” e contenente anche la precisa indicazione delle vittime immolate fino a quel momento: 1.765.000.
Il 20 Maggio 1944 monsignor Burzio inoltrò il Protocollo Auschwitz alla Santa sede. Il 28 luglio anche il nunzio apostolico in Svizzera, monsignor Filippo Bernardini, si premurò di inoltrare alla Santa sede una seconda copia del Protocollo. Pio XII restò silente.
- Il rappresentante Usa presso la Santa sede, Myron Tylor, consegnò al cardinale Maglione un dettagliato memorandum americano relativo alle esecuzioni di massa degli Ebrei «26 settembre 1942. Caro Cardinale Maglione… è in corso la liquidazione del ghetto di Varsavia. Tutti gli ebrei vengono deportati per essere liquidati fisicamente. I loro cadaveri vengono utilizzati per fabbricare grassi e le loro ossa per concimi. A questo scopo vengono perfino sterrati dei cadaveri». La risposta vaticana, datata 10 ottobre argomentava che la Santa sede aveva appreso anche da altre fonti le voci sulle «severe misure» attuate dai nazisti contro «non ariani» in Polonia, ma che non era stato possibile verificarne l’autenticità…”.
- Non poteva non sapere della complessa organizzazione del Canale dei Topi gestita da vari prelati come Monsignor Hudal che hanno consentito la fuga di migliaia di nazisti all’estero tramite i canali del Vaticano e falsi passaporti.

Questi fatti, ampiamente documentati, sono la chiara testimonianza che Pio XII è stato complice di alcune situazioni e non solo spettatore passivo.

Perchè ostinarsi a beatificare Pio XII ?

NO ALLA VISITA DEL PAPA IN SINAGOGA
NO AL CROCIFISSO IN SINAGOGA

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